giovedì 25 febbraio 2010

La chiesa trasparente e la motocicletta

Ieri sera andato a letto verso le 23. Dormito abbastanza bene, per i miei canoni con sveglia alle sei e successiva alle sette. Due sogni. Il primo mi vede nella solita Città Immaginaria a pranzo con molti esponenti del mondo dello spettacolo, artisti e quant'altro. Sto mangiando con mio fratello e altre persone che conosco e il ristorante è all'aperto e vicino ad una chiesa dalle pareti trasparenti. E' pieno di gente seduta su tutti gli scranni però una file è rivolta verso la fila dietro, non come normalmente in chiesa in cui tutti sono rivolti verso l'altare. Ad un certo punto un mio amico, che riconosco (nel sogno) essere un dissidente, inizia a declamare versi sulla libertà religiosa e a rivolgersi verso una diacona dall'aspetto molto affascinante con i capelli biondi cotonati. Questa ascolta ma invita i fedeli a cantare in coro e lui allora parla più forte difendendo i principi laici di libertà spirituale e atea. Poi si siede di nuovo e continua a parlare. Io mi giro verso la chiesa ma c'è un silenzio spettrale. Tutti i fedeli sono fermi e zitti e la diacona non dice nulla e guarda fissa verso di noi. Nel secondo sogno siamo io e Almar che stiamo uscendo da un albergo, sempre nella mia Città Immaginaria, molto bello e di lusso. Mentre adiamo via da questo io prendo una motocicletta e la accendo, montandoci sopra entrambi. Con questa ci dirigiamo fuori ma ad un certo punto scende e mi ritrovo solo ad attendere che ritorni. Va a prendere la metropolitana e la cosa mi stupisce perché con la moto faremmo prima ad arrivare in un posto di villeggiatura. La moto si trasforma in una palanca di legno molto pesante che lascio a terra. Il posto si trasforma in un luogo di un sogno precedente (una specie di cantina che ricorda quella di mio nonno paterno). Mi sveglio con molti dolori alla cervicale e alle braccia. Sento caldo, il piumone mi avvolge ma, non appena lo sposto, sento freddo. Vado avanti per un'ora circa, mis tiro, mi rilasso, mi alzo. Almar dorme alla grande.

giovedì 18 febbraio 2010

La scogliera

Stanotte ho dormito sodo (ma anche ieri). Ho sognato di trovarmi sul ciglio di una scogliera con molta erba pendula ed un sacco di gente vcicino a me, tutti ladri e assassini. Forse mi ricordavo della puntata di Desperate Housewife vista ieri sera sul divano con Almar, serie che ci piace molto, in cui si è saputo chi ha ucciso un personaggio della stessa. Sul bordo della scogliera, vedevo chiaramente il mare azzurro e increspato, il colore dell'erba, la stessa sabbia. Mi sono girato dietro ed ho visto un grande monte sul quale era una città. Siccome stavamo tutti accasciati a terra, ho supposto essere una colonia penale. Ho detto a tutti che per uscire saremmo dovuti andare oltre la città e per farlo dovevamo sfondare un muro di una casa con un portico. Uno dei mastodontici uomini prende un enorme cuneo e fa per scagliarlo contro il muro ma si ferma perché è quello di una chiesa con tutti i sacramenti in legno e non vuole commettere sacrilegio. Accanto a questa c'è un altro portico con tante colonne e io dico di camminarci finché non troviamo una porta. Nessuno è d'accordo tranne una persona che viene con me. Allora apriamo insieme la porta e ci ritroviamo in un ufficio. Per mimetizzarci ci vestiamo da carnevale: io da impiegato e l'altro da Marylin Monroe. Mi sveglio alle sette meno un quarto: ho sbagliato a mettere la sveglia. Mi riaddormento e mi risveglio improvvisamente alle sette e un quarto. Mi sembra di aver dormito un secolo. Saluto con un bacio Almar e scendo via. In bagno l'acqua è fredda: la caldaia mi ha abbandonato dopo circa due anni di perfetto funzionamento. Vestito col pigiama esco fuori, la riaccendo e finalmente faccio la doccia. Inizio della giornata. Il fatto del mascherarsi sicuramente è dovuto alla visione delle foto della festa di Carnevale. Ci siamo divertiti da pazzi, Almar aveva un vestito da Maria Antonietta, praticamente perfetto; c'erano tutti i miei amici, chi vestito col burqa chi come ballerina di can-can chi, come Patrizia, da Cary Grant. Insomma c'era anche Marylin, ovviamente, sembrava vera ma più stangona. Ricorderò per sempre questo Carnevale come uno dei migliori della mia vita, pieno di fascino, mistero e perfezione. Abbiamo vinto due premi io e Almar. Riguardo la parrucca: praticamente ero uguale alla donna del ceppo di Twin Peaks, ceppo incluso. Durante la festa, ho proiettato un video in cui compare questa donna del ceppo e Laura Palmer nel film Fuoco cammina con me e che evidenzia anche la somiglianza con uno dei due Vongoli e dei quali festeggiavamo anche il ventesimo anno in cui erano insieme. Davvero tanto.

lunedì 1 febbraio 2010

La città bianca e la parrucca

Stanotte sono andato a letto tardi perché ieri sera una amica di Almar è venuta a trovarci a casa, Patrizia. Ho fatto un lungo sogno di cui ricordo solo questi due brani. Innanzitutto ero in una città molto luminosa e tutta bianca, antica ma non come le nostre, con tanti corsi d'acqua che correvano tra le strade e i muri. Mi trovavo lì perché ero capitato in un viaggio e dovevo lavorare presso un ufficio di cui però non sapevo fare nulla. Una collega di quella città mi accusa di assassinio ma poi un altro mio collega dimostra che non potevo essere io il colpevole perché a Parigi non avevo mangiato con il coltello e lo fa aprendo un sacchettino dove si trovavano le due posate, forchetta e coltello, chiuse ancora sigillate. Vedendo ciò però il mio collega mi dice di andarmene lo stesso che sta arrivando la polizia e che non potevo stare comunque lì e me ne vado lungo una strada costeggiata da cascate e corsi d'acqua incastonati nel marmo. Tutto è bianco e splendido, lucente e caldo, l'acqua fresca scorre e produce un mormorio piacevole. C'è un silenzio ideale. Lungo questa strada incontro l'amica che ci è venuta a trovare ieri sera, Patrizia, la quale inizia a ridere guardandomi e trovandomi spaesato. In particolare mentre cammino ammirando queste giravolte d'acqua ed evitando le pozzanghere per terra temendo di scivolare produce la sua caratteristica risata fragorosa e se ne va allegra e contenta. Io salgo una piccola salita e giungo ad una strada secondaria in cui mi aspetta un uomo che era venuto a prendermi per portarmi a casa, lontano dai miei inseguitori. Una volta arrivato a casa mia scopro che c'è della gente: alcuni amici del passato tra i quali Mariuccio il quale mi dice di indossare la parrucca del personaggio di carnevale che sto preparando ma mi sta lunga. E' una parrucca rossiccia da accorciare; lui si impegna a farlo ma mi cheide di togliermi camiacia e maglione perché altrimenti i capelli finti si attaccheranno addosso ai vestiti. Io lo faccio e rimango con una canottiera a costine verde, come quella di Almar. Mi vedo da fuori estrarre i vestiti e con i capelli della parrucca che mi cadono davanti, la vista però è annebbiata. Mi sveglio alle sette con il suono della sveglia. Anche ieri sera l'ho indossata.

domenica 31 gennaio 2010

La porta dei ragni e gli UFO

Era da gran tempo che non sognavo più ragni in questa maniera tale da atterrirmi una volta sveglio. Ho fatto tre sogni stanotte, nel primo ero il guidatore di un UFO discoidale, una mia invenzione però e non degli alieni e veleggiavo sopra Cala Sisine, una spiaggia dove andavo d'estate in Sardegna. Mi diressi sulla cima assieme ad una ragazza di cui non ho riferimenti e misi una specie di barriera elettronica bluastra per impedire l'accesso dei bagnanti che ci avevano visto dalla spiaggia e che presumibilmente si sarebbero arrampicati per vedere questa mia macchina volante. Io e la ragazza guardavamo il mare dall'alto: era molto bello, la vegetazione verdastra era accattivante. Ci accorgemmo che molta gente stava salendo e aveva scoperto però che il campo di forza era solamente una specie di mantello dal quale si poteva passare sotto, eludendolo. In questo modo ci hanno accerchiati e avrebbero cercato di carpirne la tecnologia se ella non mi avesse preso di forza e condotto all'interno per andarcene via. Non so perché non volessi volare, forse era perché nutrivo fiducia negli esseri umani e nel senso del rispetto che avrebbero dovuto invece avere. Poi passai rapidamente al secondo sogno: mi trovavo su un autobus e della parte destra del mio posto c'era mio nonno materno ormai morto che fissava l'esterno del finestrino e non parlava. Quando sogno i morti nella maggior parte dei casi (cioè sempre) essi non parlano mai e sono silenziosi. Ho sognato la spiaggia e mio nonno poiché li avevo visti il giorno prima da mia madre attraverso i vecchi filmini super-8 che ho masterizzato. Lasciato dietro mio nonno mi sono diretto verso l'entrata del palazzo di una mia zia di Tagliacozzo (anche questo paese ho visto nei filmini) il cui marito è recentemente deceduto. Mentre vado per aprire questa porta con una chiave attaccata alla toppa mi accorgo che una grande migale è attaccata sulla chiave e mi discosto. Poi mi rendo conto che molte migali sono acquattate negli angoli delle porte e sulla porta stessa. Ho pensato che forse, vista l'umidità e il freddo, si erano riparate nell'androne. Mi guardo intorno e vedo che ci sono ragni attaccati anche sul soffitto e mi sposto in un punto dove non ce ne sono. Vado per chiudere la porta, visto che sarebbero potute entrare dentro ma ce n'era una anche sul pomello, per cui decido di telefonare a mia zia per dirle che avrebbe dovuto venire alla porta e assolutamente non aprirla anzi chiuderla per bene ma non riesco a trovare il cellulare. Inoltre un enorme migale, questa volta dal colore verde, era di fronte a me e si stava ingrandendo con la faccia di Hulk. Mi sveglio atterrito dal terrore, ansimo, non riesco a riprendermi. Non voglio svegliare Almar accanto a me e piano piano riprendo a respirare bene. Guardo l'ora: le sei e dieci. Mi sono riaddormentato verso le otto e mezzo, facendo un terzo sogno: Ero con alcuni colleghi che reputavo amici e avevo la macchina parcheggiata: era rossa e di un tipo di BMW molto vecchio. Due colleghe vanno verso la macchina ma prendono delle cose da dentro e io mi arrabbio: avevo infatti detto loro che avrei lasciato l'auto aperta perché mi fidavo di tutti loro e invece mi avevano tradito. Per cui riprendo le cose che hanno portato via e le ripongo dentro, chiudendo il bagagliaio. Le due se ne vanno ridendo. Il bagagliaio contiene decine e decine di cristalli, specialmente rossi e viola. Mi sveglio verso el nove. Stamattina siamo andati a Porta Portese e ho visto una bancarella che vende cristalli a non finire, anche grandi. Per quel che riguarda i ragni del sogno, ieri sera per un attimo Almar ha giocato con l'iPhone un gioco in cui un ragnetto saltatore mangia le api. Forse questo è stato l'attivatore ma la porta andava aperta o tenuta chiusa? E inoltre: cosa c'è dietro quella porta? I ragni forse erano là per non aprirla.

venerdì 29 gennaio 2010

Il cane aggrappato

Mi risulta difficile raccontare il complesso sogno di stanotte, specie ora che è passato del tempo. Mi sono svegliato alle sette, ho dormito in fondo bene. Ieri sera sono stato da mia madre la quale mi ha aiutato in parte a creare un abito di carnevale per la festa dei Vongoli ed è stato come tanti anni fa quale ella mi aiutava a comporre i miei abiti. Siamo stati a cena tutti insieme e abbastanza allegri. Dico questo perché nel sogno la storia raccontava di un robot, tipo Wall-E, il quale cercava di entrare in una navicella per recuperare una scatola di metallo. Sulla scatola, dopo molte peripezie e dopo averla tratta in salvo prima che il missile partisse per gli spazi siderali, c'era il mio nome e dovevano esserci le mie ceneri e invece c'ero io che risultavo ancora vivo. Chissà se c'è affinità con i ricordi che mi ha suscitato la cena. Ad ogni modo, io esco dalla scatola e faccio per andare in una casa in cui sapevo che si cucinava. Prima di entrare vedo un uomo molto grosso al quale stava aggrappano un enorme cane bianco, molto peloso e il pelo era liscio. Sembrava essere triste e mi era parso piangesse. Io mi avvicino e lo accarezzo, mentre l'uomo a cui era aggrappato guardava fisso davanti a sé ed era silente. Cerco di confortare il cane dicendo di non preoccuparsi ma il cane si gira e prende forma umana (mi sembrava quella di mio zio, il fratello di mio padre) rispondendo: "Non c'è speranza, credimi!" ma io lo conduco alla casa dove sicuramente c'era del cibo e il padrone di casa mi ferma e mi dice che non entrerò mai con quel tipo vicino.

martedì 26 gennaio 2010

"Su me si vede il nesso decennale"

Ieri sera sono andato a letto stanco per aver messo a posto le centiniaia di riviste e libri d'arte nella libreria, aver sistemato i numerosi soprammobili, la casa, il bagno, montato un gioco Playmobil e stirato chili di panni. Alla fine ero stanchissimo e nervoso anche perché non sono riuscito a sentire Almar. Da ieri sera ho in mente una frase che ho scritto anni fa in una poesia, penso contenuta nella raccolta Donno e che fa: "Su me si vede il nesso decennale" o qualcoasa del genere. Non sono andato a controllare se effettivamente reciti così e dove sia realmente contenuta. L'ho avuta in mente stanotte, nelle numerose volte in cui mi sono svegliato e anche stamattina. Nonostante la parziale insonnia dovuta alla quota più alta dei caffè sorbiti ieri ho dormito riposato un poco di più facendo alcuni sogni. Uno, brevissimo, in cui posseggo il nuovo computer della Apple, il Tablet, in cui lo porto in giro con me come un libro. Ne avevo parlato domenica e ieri sul giornale ho letto dei nuovi e-book reader a forma di libro (addirittura ne ho cercato qualcuno sul sito della Mediaworld). Il secondo sogno invece, poco più lungo vede me e Almar in un posto all'estero, con la neve, in mezzo a tanta gente che va ad una partita, forse di hockey. Ci siamo messi d'accordo per partire verso la mezzanotte per concederci una breve vacanza: sapevo che in quel posto stavamo lavorando. Ad un certo punto arriva Nadia Comaneci, la sportiva russa e tutti bisbigliano che è lei. Si avvicina a noi e la salutiamo e si mette a parlare con Almar, suo vecchio amico. Tutti coloro accanto a noi continuano a bisbigliare meravigliati. Nadia dice se dopo che ha finito le prove Almar può andare ad accompagnarla a non so quale appuntamento col dottore a lei e il fidanzato. Io dentro di me penso che invece Almar le dirà che dobbiamo andare via. Invece non lo fa e io attendo che lo faccia e con quest'attesa mi sono svegliato. Saranno state le sei: è buio e attendo la sveglia ma mi riaddormento. Forse questo ha a che fare con il lavoro di Almar, che lo coinvolge moltissimo.

lunedì 25 gennaio 2010

Il forno di Elena

Stanotte, forse perché ho pensato accidentalmente alla mia ormai defunta zia Annafelice, ho sognato la mia compianta amica Elena. Eravamo io e lei nella sua casa al centro, seduti davanti al camino ma in realtà mai ho visto il camino acceso di Elena e inoltre il suo camino era alla sinistra rispetto al divano bianco nel salone e di fronte c'è la finestra. Al posto della finestra c'era questo camino, uguale a quello che nella casa in campagna di mio nonno era dedicato alla cottura del pane e all'epoca lo chiamavamo il "forno della strega" dalla curiosa sembianza della casetta di Hansel e Gretel. Io e Elena sedevamo davanti ad esso, in casa sua. Lei non diceva nulla, io mi scaldavo al fuoco. Tutto qui. Mi sembrava che Elena fosse più piccola, minuta, come la vidi quando era distesa sul suo letto, ormai morta. Mi zia Annafelice era anch'essa minuta e piccola: l'ho vista l'altro giorno su un video dovuto a una trasposizione di un vecchio filmino Super-8 nel quale partecipò ad un mio video. Erano gli anni Ottanta.