domenica 26 aprile 2020

Le due case

Notte del 23 Aprile 2020: mi trovo in una casa dove mi stanno facendo una iniezione a una gamba: sembra una specie di ospedale. Mi sento meglio per cui decido di uscire. Riconosco che la casa è in realtà la vecchia baracca di mio nonno, situata a fianco della casa patronale e adibita in un primo tempo a porcilaia e poi a officina per la lavorazione del ferro di mio zio. Questa baracca aveva una stanzetta posteriore sempre chiusa con una porta di ferro esterna e ci sarò entrato un paio di volte durante la mia gioventù perché mi incuteva un certo timore: all’interno robaccia e legna accatastata. Ebbene, dall’interno di questa baracca adibita invece a una perfetta e pulitissima casa-ospedale esco a livello del terreno da una porta posteriore (non esistente  e al posto di una finestrella) e mi ritrovo sulla via Aurelia all’altezza dello svincolo di Chiarone, prima di Capalbio. A quell’altezza esiste realmente una grande casa proprio sulla strada, recentemente restaurata di fuori che però non ho mai visto dentro. Attraverso la via Aurelia (in realtà non si può per via dello spartitraffico e per via delle tante automobili che sfrecciano) ed entro in questa abitazione salendo un paio di gradini. L’interno era bellissimo: un enorme salone con tante finestre e, sotto ad ogni finestra un divanetto con statue che simulavano alcuni aspetti dell’attività umana: c’era chi ballava e chi aspettava il tram ad esempio; faccio un giro del salone. Dal lato opposto alla porta una seconda uscita portava in un giardinetto e, prima della porta per uscire, un disimpegno con un bagnetto. Mi accerto che ci sia l’acqua del lavabo  e difatti esce ma sento qualcuno che tira la catena nel wc (la porta di legno scuro era chiusa). Il giardinetto era forse quello del quadro che è in casa dei miei genitori? Non esco fuori, anzi mi giro e mi accorgo che c’erano delle scale quasi accanto alla porta che portavano al piano di sopra. Sotto le scale una cucina. Entro prima in cucina, prendo il caffè che vedo sulla tavola fumante e lo porto di  sopra: alla mia sinistra qualcuno dormiva nudo in un letto (non si vedevano però le nudità) e ,accanto al letto, una porta chiusa da un telo. Si apre il telo e qualcuno mi chiede se volessi entrare: c’era un  letto matrimoniale con un uomo che stava molto male all’interno e mi sembrava dormisse. Io dissi di no e mi sono svegliato. Sicuramente sogno spesso il terreno di mio nonno e ogni tanto, da fuori, anche la baracca. In realtà quest’ultima non c’è più poiché il terreno è stato venduto qualche tempo fa e ci hanno costruito una casetta. 

martedì 21 aprile 2020

La libreria e la vecchiarda

Il primo sogno che ricordo di stanotte è che avevo parcheggiato la macchina in un piazzale e da questo si snodava un allunga strada dritta, non pianeggiante ma ondulata. Ai lati della strada c’erano molti negozi e poca gente che camminava. Sono arrivato a percorrerla a piedi per un breve tratto e poi ho deciso di tornare indietro: stavo camminando il lato destro, guardando il parcheggio in fondo. Mi accorgo che un negozio aveva la scritta “libreria” e decido di entrare: aveva una piccola vetrina e la porta a vetri. Entrando però mi accorgo che, essendo piccolina, non aveva libri all’interno ma tante opere d’arte grafiche, cartoline colorate e minuscoli quadri. Il gestore era seduto a un bancone davanti alla porta. Decido così di uscire e mentre esco dico una parol ebraica che non ho mai conosciuto: הכשק, hakasheq che vuol dire arma, pistola, arsenale (questa traduzione l’ho fatta da sveglio). Il gestore, forse perché impaurito dal significato della parola mi die “Che stai dicendo?” E io gli rispondo “Cosa? Ho detto ‘cosa’”, pensando a una sua assonanza con la parola ebraica. Il negoziante mi lascia andare e cammino fino al parcheggio. Mi sveglio, sono le 5 e mezzo quasi. Mi riaddormento quasi subito, ho mal di schiena da qualche notte. Verso le otto ho iniziato il sognare esattamente dal parcheggio ma non ho preso l’auto (il parcheggio era quasi vuoto) e mi dirigo in una stradina a fianco dove c’era un bar con dei tavolinetti, stile francese. Non c’era nessuno ma di fronte al bar una porta conduceva in una lussuosa abitazione e decido di entrare per vedere l’interno. La casa aveva un piano sotto e delle scale che portavano sopra. Nella stanza al piano terra c’era molta agente che festeggiava qualcuno, scorgo una signora molto anziana, quasi centenaria; su un tavolo tante cose d’oro e preziose e la signora aveva in mano una sigaretta. Sembrava simpatica. Da una finestra si scorgeva il piccolo bar di fronte. La signora mi vede e interrompe con una mano ogni discorso è dice “Vorrei parlarti, vai al piano di sopra e aspettami lì”. Vado al piano di sopra salendo le scale mentre la signora ride e scherza con tutti. Attendo attendo e poi mi sveglio.
Elementi riferibili al mondo reale sono le librerie appena aperte (ieri avevo parlato con i miei amici librai) e un telefilm visto ieri sera in cui a un poliziotto rubano una pistola. 

domenica 19 aprile 2020

La cena

Dopo la morte di mia madre, Antonetta Armiero, avvenuta il 3 Aprile scorso, non ho fatto molti sogni. Non ho dormito bene per via della schiena e ogni volta che sognavo non ricordavo granché. Stanotte ho sognato di avere un appuntamento con una ragazza e che ci vedevamo a cena in un locale. Mi sentivo molto bene ed ero contento dell’appuntamento. Il locale era fatto come una immensa cavea di anfiteatro con enormi gradoni sui quali c’erano i tavoli. Molti di questi erano occupati e a noi due ci avevano dato invece l’unico tavolino sotto l’arena. Il tavolo era però praticamente sotto un enorme televisore piatto che trasmetteva notizie. Era sera: questa ragazza compare spesso nei miei sogni ma non ha un riferimento reale né ricordo di averla mai conosciuta. Ero incuriosito dal televisore. Ad un certo punto le chiedo di quanti pollici fosse (io pensavo 80 pollici) ma lei mi fa notare che c’era scritto 58. Poi mi accorgo che aveva freddo e le porgo un plaid il quale scopro sulla mia sedia e glielo do facendola contenta. Mi sveglio e il plaid era quello che avevo nel mio letto accanto a me. Erano le 8 e venti. Sentivo freddo e lo misi sopra il piumone, continuando a dormire per una mezz’oretta. 
Ieri pomeriggio durante il pranzo da mio fratello ho notato che il suo televisore Samsung probabilmente era migliore del mio Panasonic anche se quello che ho io è più grande, appunto 58 pollici. Secondo la Ghematria ebraica il numero 80 corrisponde a sacerdozio ma soprattutto a Yesod, la Sefirà che raduna tutte le luci e gli influssi energetici provenienti dalle altre Sefirot superiori prima di passarle a Malkut, l’ultima. Inoltre è la Sefirà associata agli organi genitali; corrisponde alla somma di cuore e cervello e anche a bicchiere. Infine è il nome completo della Lettera Mem, acqua. Invece il 58 corrisponde a grazia, simmetria ed è per questo che questo valore è la media matematica della somma dei valori di un modo di “riempire” il  Nome divino, il Tetragramma, In questo caso 232; come pure il cuore di HaShem (D-o) e l’onore di HaShem. Infine splendore, luminosità ma soprattutto bilanciare, temperare e riposarsi, essere tranquillo, sereno. Io credo che questa nuova fase mi venga richiesta dalla Shekinah.