martedì 30 marzo 2010

Un libro al giorno: "Paradiso perduto"


Vedere attorno a me Lucifero che danza. Bello e splendente, affatto nero. E quell'ininzio poi: "Of Mans First Disobedience", "Della prima disobbedienza dell'uomo", un manifesto programmatico.
John Milton
Paradiso perduto
Bompiani - Collana: Il Pensiero Occidentale / Filosofia
Pagine 1071 - Formato 16x22 - Anno 2009 - ISBN 9788845263576
Prezzo di vendita: € 35.00



venerdì 26 marzo 2010

Caldo e pantaloni

I primi caldi si sentono: il piumone e il pigiama sono troppo ed ho sofferto sia stanotte che in questi giorni (stanotte anche sono stato inquieto, forse ho mangiato pesante ieri sera per l'uovo bollito). Ho sognato che dovevo guidare e entravo in auto con due paia di calzoni e, accorgendomene, ho pensato di togliermene uno ma non potevo farlo perché guidavo e dunque decisi di guidare accaldato comunque). Mi sono svegliato ma non mi sono tolto quelli del pigiama.

lunedì 15 marzo 2010

Due poesie di Elena Scoti

In rete si trova il nome di Elena Scoti, mia amica scomparsa il 12 marzo 2009. Purtroppo non si trovano i suoi testi. Proprio il 12 marzo cercavo delle poesie da condividere ma ho trovato i suoi appuntamenti con le presentazioni fatte, il libro Armòri, la casa editrice, i circoli di poesia. Per questo aggiungo queste due poesie che ha mandato a tutti noi suoi amici la figlia Eleonora. Io e Antonio ti ricordiamo molto, Elena: sarai nei nostri cuori sempre. Un bacio.

***

Avevo
una preziosa teiera
fatta a mano
dipinta con figure di dame e cavalieri
nei gialli e gli ocra del rinascimento orvietano
Chiunque la guardava
poi
la sfiorava con la mano
era delle nozze di mia madre
Un giorno l ‘ho messa
piena di tè nel freezer e
quando sono andata
era avvolta dalle crepe come un velo sudario
con due mani l’ho poggiata sul tavolo
a guardarla
Il tè ghiacciato colava
ogni tanto un pezzo
cadeva un frammento
usciva con un fiotto
io guardavo
restai
fino
all’ultimo
quel disfarsi in pezzi e in acqua
ci poteva essere altro modo migliore?
Me lo chiedevo come fossi stata il vasaio

***

A mia madre

Io cammino con un passero poggiato sulla mano
Sul dorso
Sempre.
Nessuno lo sa
Sento nelle zampine tremule una debolezza lontana
E come batte il cuore
Se mi distraggo vola via
ma torna e
lo accarezzo.
Qualcuno pensa un tic
Io lo sapevo che sarebbe andata a finire così già quella volta che
sotto casa lei aveva infilato il braccio nel mio per attraversare la strada
E che poi la sua mano
così leggera
e tremula
io subito pensai
ecco
per
tutta
la
vita
la avrò qui

martedì 2 marzo 2010

Scarpa numero 68

Stanotte ho fatto un sogno in due tempi: nel primo, verso le sei di mattina fino alle sei e venti ero con un gruppo di persone che mi doveva accompagnare in crociera. Mentre stavamo andando alla nave vedevo il paesaggio attorno: era molto verde e c'erano delle colline dolci con una monorotaia e su questa scorreva un treno stranissimo, non come quelli moderni e giapponesi ma quasi antico, di ferro sembrava e non produceva alcun rumore. Il mio gruppo era a piedi e correva; mentre ci avviciniamo per entrare nella nave faccio due considerazioni: la prima sulla nave che era in realtà un pezzo della città dove mi trovavo e la seconda era che la mia scarpa destra si era scollata pet cui il piede nudo poggiava pet terra. Tutti si fermano a guardare stupiti dal mio stupore. Io insisto che con un piede scalzo non vado avanti. Uno di loro mi dà un polipo e mi dice di avvolgerlo attorno alla suola. Lo faccio e vedo che funziona però appiccica e si muove tutto. Al che alzo gli occhi ma dono tutti spariti: solo Almar è rimasto (non sapevo ci fosse) ma dice che deve prima andare a salutate la madre, al che mi arrabbio perché ci doveva pensare prima ma non gli dò torto. Mi sveglio. Mi riaddormento dopo cinque minuti fino alle sette e continuo il sogno: era sulla nave-pezzo di città che intanto si era staccata e aveva iniziato a navigare. Sapevo che Almar aveva salutato la madre ma non sapevo dove fosse. Entro in un bazar chiedendo delle scarpe ma quello non capisce e mi fa vedere delle pantofole e degli zoccoli. Ne prendo uno carino e lo misuro: mi sta grande e all'interno c'è della lanugine bianca. Vedo la taglia: 68. Tutte le altre scarpe sono quindi enormi; ricordo benissimo il mio piede piccoli rispetto ad esse. Sulla scarpa mi riferisco ad un episodio reale accaduto la scorsa settimana: una mia collega mi ha detto che la scarpa destra si era scollata e a me è roduto il culo. Sul polipo e sul fatto che dovevamo partire entro breve tempo con la nave-città forse è perché ieri sera abbiamo visto il film "Independence day".



giovedì 25 febbraio 2010

La chiesa trasparente e la motocicletta

Ieri sera andato a letto verso le 23. Dormito abbastanza bene, per i miei canoni con sveglia alle sei e successiva alle sette. Due sogni. Il primo mi vede nella solita Città Immaginaria a pranzo con molti esponenti del mondo dello spettacolo, artisti e quant'altro. Sto mangiando con mio fratello e altre persone che conosco e il ristorante è all'aperto e vicino ad una chiesa dalle pareti trasparenti. E' pieno di gente seduta su tutti gli scranni però una file è rivolta verso la fila dietro, non come normalmente in chiesa in cui tutti sono rivolti verso l'altare. Ad un certo punto un mio amico, che riconosco (nel sogno) essere un dissidente, inizia a declamare versi sulla libertà religiosa e a rivolgersi verso una diacona dall'aspetto molto affascinante con i capelli biondi cotonati. Questa ascolta ma invita i fedeli a cantare in coro e lui allora parla più forte difendendo i principi laici di libertà spirituale e atea. Poi si siede di nuovo e continua a parlare. Io mi giro verso la chiesa ma c'è un silenzio spettrale. Tutti i fedeli sono fermi e zitti e la diacona non dice nulla e guarda fissa verso di noi. Nel secondo sogno siamo io e Almar che stiamo uscendo da un albergo, sempre nella mia Città Immaginaria, molto bello e di lusso. Mentre adiamo via da questo io prendo una motocicletta e la accendo, montandoci sopra entrambi. Con questa ci dirigiamo fuori ma ad un certo punto scende e mi ritrovo solo ad attendere che ritorni. Va a prendere la metropolitana e la cosa mi stupisce perché con la moto faremmo prima ad arrivare in un posto di villeggiatura. La moto si trasforma in una palanca di legno molto pesante che lascio a terra. Il posto si trasforma in un luogo di un sogno precedente (una specie di cantina che ricorda quella di mio nonno paterno). Mi sveglio con molti dolori alla cervicale e alle braccia. Sento caldo, il piumone mi avvolge ma, non appena lo sposto, sento freddo. Vado avanti per un'ora circa, mis tiro, mi rilasso, mi alzo. Almar dorme alla grande.

giovedì 18 febbraio 2010

La scogliera

Stanotte ho dormito sodo (ma anche ieri). Ho sognato di trovarmi sul ciglio di una scogliera con molta erba pendula ed un sacco di gente vcicino a me, tutti ladri e assassini. Forse mi ricordavo della puntata di Desperate Housewife vista ieri sera sul divano con Almar, serie che ci piace molto, in cui si è saputo chi ha ucciso un personaggio della stessa. Sul bordo della scogliera, vedevo chiaramente il mare azzurro e increspato, il colore dell'erba, la stessa sabbia. Mi sono girato dietro ed ho visto un grande monte sul quale era una città. Siccome stavamo tutti accasciati a terra, ho supposto essere una colonia penale. Ho detto a tutti che per uscire saremmo dovuti andare oltre la città e per farlo dovevamo sfondare un muro di una casa con un portico. Uno dei mastodontici uomini prende un enorme cuneo e fa per scagliarlo contro il muro ma si ferma perché è quello di una chiesa con tutti i sacramenti in legno e non vuole commettere sacrilegio. Accanto a questa c'è un altro portico con tante colonne e io dico di camminarci finché non troviamo una porta. Nessuno è d'accordo tranne una persona che viene con me. Allora apriamo insieme la porta e ci ritroviamo in un ufficio. Per mimetizzarci ci vestiamo da carnevale: io da impiegato e l'altro da Marylin Monroe. Mi sveglio alle sette meno un quarto: ho sbagliato a mettere la sveglia. Mi riaddormento e mi risveglio improvvisamente alle sette e un quarto. Mi sembra di aver dormito un secolo. Saluto con un bacio Almar e scendo via. In bagno l'acqua è fredda: la caldaia mi ha abbandonato dopo circa due anni di perfetto funzionamento. Vestito col pigiama esco fuori, la riaccendo e finalmente faccio la doccia. Inizio della giornata. Il fatto del mascherarsi sicuramente è dovuto alla visione delle foto della festa di Carnevale. Ci siamo divertiti da pazzi, Almar aveva un vestito da Maria Antonietta, praticamente perfetto; c'erano tutti i miei amici, chi vestito col burqa chi come ballerina di can-can chi, come Patrizia, da Cary Grant. Insomma c'era anche Marylin, ovviamente, sembrava vera ma più stangona. Ricorderò per sempre questo Carnevale come uno dei migliori della mia vita, pieno di fascino, mistero e perfezione. Abbiamo vinto due premi io e Almar. Riguardo la parrucca: praticamente ero uguale alla donna del ceppo di Twin Peaks, ceppo incluso. Durante la festa, ho proiettato un video in cui compare questa donna del ceppo e Laura Palmer nel film Fuoco cammina con me e che evidenzia anche la somiglianza con uno dei due Vongoli e dei quali festeggiavamo anche il ventesimo anno in cui erano insieme. Davvero tanto.

lunedì 1 febbraio 2010

La città bianca e la parrucca

Stanotte sono andato a letto tardi perché ieri sera una amica di Almar è venuta a trovarci a casa, Patrizia. Ho fatto un lungo sogno di cui ricordo solo questi due brani. Innanzitutto ero in una città molto luminosa e tutta bianca, antica ma non come le nostre, con tanti corsi d'acqua che correvano tra le strade e i muri. Mi trovavo lì perché ero capitato in un viaggio e dovevo lavorare presso un ufficio di cui però non sapevo fare nulla. Una collega di quella città mi accusa di assassinio ma poi un altro mio collega dimostra che non potevo essere io il colpevole perché a Parigi non avevo mangiato con il coltello e lo fa aprendo un sacchettino dove si trovavano le due posate, forchetta e coltello, chiuse ancora sigillate. Vedendo ciò però il mio collega mi dice di andarmene lo stesso che sta arrivando la polizia e che non potevo stare comunque lì e me ne vado lungo una strada costeggiata da cascate e corsi d'acqua incastonati nel marmo. Tutto è bianco e splendido, lucente e caldo, l'acqua fresca scorre e produce un mormorio piacevole. C'è un silenzio ideale. Lungo questa strada incontro l'amica che ci è venuta a trovare ieri sera, Patrizia, la quale inizia a ridere guardandomi e trovandomi spaesato. In particolare mentre cammino ammirando queste giravolte d'acqua ed evitando le pozzanghere per terra temendo di scivolare produce la sua caratteristica risata fragorosa e se ne va allegra e contenta. Io salgo una piccola salita e giungo ad una strada secondaria in cui mi aspetta un uomo che era venuto a prendermi per portarmi a casa, lontano dai miei inseguitori. Una volta arrivato a casa mia scopro che c'è della gente: alcuni amici del passato tra i quali Mariuccio il quale mi dice di indossare la parrucca del personaggio di carnevale che sto preparando ma mi sta lunga. E' una parrucca rossiccia da accorciare; lui si impegna a farlo ma mi cheide di togliermi camiacia e maglione perché altrimenti i capelli finti si attaccheranno addosso ai vestiti. Io lo faccio e rimango con una canottiera a costine verde, come quella di Almar. Mi vedo da fuori estrarre i vestiti e con i capelli della parrucca che mi cadono davanti, la vista però è annebbiata. Mi sveglio alle sette con il suono della sveglia. Anche ieri sera l'ho indossata.