venerdì 14 novembre 2008

Un gatto nel letto

Sto facendo grandi sogni ogni notte, complicati, lunghi e a colori, densi di significati ma poi non riesco che a ricordare a brani, seppur ricordi molti stralci e situazioni particolari. Ne ricordo uno tre giorni fa in cui ero in un negozio nella Città Immaginaria e nel negozio eravamo mio fratello ed E*, mia nipote. C'era anche una seconda bambina lla mia sinistra, dai molti boccoli biondi tipo Shirley Temple e con un vestito antico bianco. All'improvviso avevo in mano una bambola tipo Barbie e dissi ad entrambe le ragazzine: "Potete giocarci metà tempo una e metà l'altra" ma mia nipote aveva un'espressione dura e disse di no e che sarebbe andata dalla mamma, per cui uscì dal negozio e andò incontro alla madre che si trovava in un altro negozio. Al che mio fratello mi ha detto di seguirla perché si sarebbe perduta e io uscii angosciato: l'avevo infatti perduta nelle centinaia di persone che affollavano la strada. Mi svegliai con l'ansia; la stessa ansia di stanotte in cui un gatto fa capolino da un terrazzo e riconosco che è un gatto tra il giovane e l'adulto e che conosco. Gli dico "Quanto sei cresciuto, non eri che un micino piccolo piccolo." e lui fa per venire verso di me ma mi accorgo di essere nel mio letto. Io, sapendo di essere nudo sotto il piumone, lo sento strisciare vicino le gambe e lo fermo con la mano. Egli dice "Ahi!" e continua a lamentarsi, al che lo prendo e me lo metto vicino, accarezzandolo dolcemente ma quello non smette di lamentarsi e temo di averlo ferito con quell'azione di trattenerlo così irrazionale. Nello stesso istante penso a una giustificazione e cioè che, nella sua animalità, avrebbe potuto giocare e ferirmi le gambe con gli artigli. Tuttavia ho pietà del corpicino e faccio per consolarlo. Mi sveglio con quest'angoscia di aver fatto male al povero esserino per l'intenzione e non per l'effetto di un suo gesto e che non è giusto. 

sabato 8 novembre 2008

Serpenti e velluto

Ieri sera alla Galleria dei Serpenti e prima in zona Coming. Conosciuto C*. Entrando in disco con il butano mi sono ritrovato istantaneamente al Velvet di quasi otto anni fa, con la nebbia che avvolgeva me Wanda, Gina e Marcella, con la musica assordante. Fu lì che conoscemmo Herman il violinista attraverso una sua performance quand'era ancora maschio con il violino e una quantità infinita di sangue finto addosso a una tunica bianca. Quella visione per un istante stanotte, poi scomparsa con Fabrice e Dario a ballare e a parlare e ridere. Troppo tempo senza ridere è passato. Molte donne attorno. C* mi ricordo di averlo già incontrato ma forse i ricordi iniziano a confondersi.

venerdì 7 novembre 2008

Il dentifricio

Ieri al teatro India: Anime nere, una storia inutile di una famiglia (esposta male) di arricchiti pseudonapoletani. Antonio addirittura si è scusato per la rappresentazione così brutta ma non importa: sono stato in compagnia. Palidoro preferì stare avvolto dalle onde e finì morto per la marea, dice a proposito del mio stato d'animo. Dimenticare Ofelia. Di notte l'unico brano che ricordo: ero nel mio bagno a lavarmi i denti, sapevo di avere una coppia di ospiti, forse un collega milanese. Ho notato che non c'era il solito dentifricio ma c'era un altro tubetto più grande e rosso-arancione mentre c'era rumore di onde in salotto. Solo questo ricordo, assieme al mio stupore. Le Oceanine ninfe sul sofa. Elementi di riflessione: dentifricio=simbolo fallico; il mio ospite un omone grosso che, sceglinedo il dentifricio grande evidenzia il suo aspetto sessuale? Oppure il rosso come antidoto al nero? Sempre il nero dentro, comunque.

giovedì 6 novembre 2008

Metropolitana

Di ritorno dalla mia città immaginaria entro nella metro ma mi devo dividere dal mio accompagnatore che si avvicina e mi dà un bacio. Io gli tocco il pacco e gli dico che non deve proccuparsi poi scendo sotto mentre lui va dall'altra direzione. Non so chi sia: ha i jeans chiari ed è magro. Sotto la metro c'è gente, nessun rumore, non riconosco nessuno. La metro non arriva e mi guardo in giro; mi ritrovo fuori istantanamente e mi sveglio. Ho il fischio all'orecchio e rumori lontani del camion della nettezza urbana, sono le 6 di mattina. Mi alzo nervoso perché non ricordo il sogno antecedente (mi sembra che stessi camminando nel fango ma non sono sicuro).

mercoledì 5 novembre 2008

Il muretto

Era giorno e le nuvole si avvicinavano. Mi trovavo a ridosso di un muretto alto quanto bastava per sedermi, forse una reminiscenza di un'immagine che ritraeva un paesaggio scozzese o forse un film degli anni Ottanta. Vicino a me si trovava un grasso uomo che rideva al passaggio di qualsiasi cosa oltre il muro, dlimitante una vallata. Rideva delle pecore in lontananza, del mare con i pesci che sguazzavano, degli uccelli che volavano ma io non ridevo assieme a lui come in genere succede. Mi chiedevo solo il perché ridesse e volevo vedere fino a che punto le cose lo divertissero. Poi smise di colpo e si avvicinò a me dicendo "Lo vedi l'altro muro, quello lontano, quello oltre la vallata, riesci a vederlo? Secondo te quant'è lontano?" ma io vedevo solo un muro a pochi metri di distanza. Poi continuò a ridere. Fu così che ebbi l'impressione che gli aniali che lo facevano tanto ridere erano in effetti piccoli quanto pupazzetti dei plastici dei trenini e si muovevano ma la distanza tra i due muri era solo di qualche metro. L'uomo grasso disse ancora: "Io vado" e continuando a ridere, oltrepassò il muro e divenne sempre più piccolo piccolo fino a diventare piccolo come i pupazzetti che credevo animali. Po inziiò ad ingrandirsi sempre più fino a diventare grande abbastanza come prima ma a toccare l'altro muro. Fu allora che smise di ridere e disse: "sono arrivato! Tu non puoi venire!" e mi sono svegliato. Reminiscenza di un breve racconto degli anni Settanta di fantascienza letto anni fa in un numero Urania.