domenica 25 maggio 2008

I cinque uccellini

Qualche settimana fa un piccolo uccello con una coda lunga, bianco e striato di nero ha fatto il nido in uno dei miei vasi, sotto una pianta di gerani. Ha fatto cinque uova azzurre e ne sono nati cinque uccellini. Oggi ho ricordato che l'ultima volta che avevo visto il becco di un uccellino implume fu quasi venti anni fa (forse più), in campagna da nonno. Non voglio assolutamente disturbarli e quindi non mi pesa domani partire fino a giovedì per lavoro: in questi quattro giorni saranno in santa pace e cresceranno. Sento che avranno un ruolo tutti e cinque nella mia vita futura, sento che aveva un senso l'identico nido un anno fa, lasciato presumibilmente dalla stessa madre e dal quale l'unico uovo azzurro non schiuse. L'ho conservato intatto ma la madre lo ha completamente ignorato, riprovando però a covare lo stesso dove aveva fallito.
AGGIUNTA DEL 3 LUGLIO:
I cinque uccellini sono volati. Tornando da un viaggio di lavoro a Napoli ho trovato il nido vuoto, perdendo l'occasione di vederli spiccare il volo. Pazienza. Mi basta sapere che sono nati e cresciuti. Spero la Natura non sia tanto crudele con loro. L'unico uovo non covato è ancora lì.

venerdì 16 maggio 2008

I cani dalmata gialli

Ci sono in casa dei cani dalmata gialli con un occhio solo, con le zanne acuminate, bidimensionali. Non si possono vedere pienamente perché, quando è loro solito stare davanti, avendo due dimensioni, non si percepiscono alla vista. Per questo la gente non li vede quando entra a visitare la mia casa. In genere li dipingo quando corrono. Essi non sono violenti nei confronti di nessuno ma provvedono a difendere dal Mostro-dalle-mille-vertebre, al quale non ho altro nome da dare. Esso non è mai riuscito finora a scoprire dove abito, né penso ci riuscirà poiché non può attraversare le Terre Grigie. I cani però possono e ogni tanto si vedono delle strie gialle nei momenti più impensati. Gli unici che possono vederli sono le cornacchie e i gabbiani, i quali - saggiamente - volano alla larga.

giovedì 15 maggio 2008

Ridere

Non rido spesso, non rido molto ma quando lo faccio mi sento davvero divertito.

martedì 13 maggio 2008

Il pozzo con lo spaghetto

Si andava tutti insieme a Fregene da piccoli al mare. Una volta venuta l'ora di pranzo ci si spostava nella pineta, ben prima che cadesse qualche pino e fosse chiusa. Nella pineta c'era una specie di pozzo che terminava con una torretta a cupola e una porticina. Dentro non c'era acqua ma semplice terreno, forse un rifugio. Una volta aprimmo la porta per vedere cosa ci fosse e in fondo c'era solo uno spaghetto biancastro caduto chissà da quale piatto. I nostri genitori ci richiamarono subito. Di quell'epoca è tutto documentato nei filmini Super-8.

lunedì 12 maggio 2008

Come conobbi Wanda

A quel tempo c'era molto nero in cielo. Si andava avanti e indietro per le campagne a trasportare oggetti. Avevo alcuni amici all'epoca che non facevano altro che mangiare. Una sera, durante una pioggia scrosciante, al suono di una musica con violini e guardando video fatti a mano con la cinepresa si avvicinò a me Wanda dal volto sgargiante e bianco. I suoi capelli erano neri e gialli, alle dita decine di anelli, l'abito nero e stretto. Mi chiese se anche a me piaceva quella musica e dissi che non solo mi piaceva ma che la ascoltavo abitualmente. Al suono dell'album commerciale sorrise e tutto iniziò.

venerdì 9 maggio 2008

La scoperta di Spinoza

Quando in seconda liceo mi capitò fra le mani il libro di filosofia (secondo volume) Adorno-Gregory-Verra scoprii che, riguardo la filosofia del Seicento, dopo Cartesio, esisteva un certo Spinoza. Non lessi affatto la sua vita ma rimasi fulminato dall'antologia a pie' di capitolo della sua opera principale, l'Etica. In quelle proposizioni, corredate delle definizioni della Prima Parte del libro, ebbi come l'impressione che qualcosa fosse entrato dentro di me, nel mio cervello, nel mio animo. Era il 1979, credo. Sono sicuro anche di quando, il 25 dicembre 1980, in un eremo vicino Tagliacozzo, mentre assistevo alla messa di Natale, dubitai del fatto che esistesse Dio, non tanto come entità metafisica, quanto come entità sociale, come religione rivelata; lo vidi come una scomodità per me che avevo altri pensieri. Da quel giorno considerai diversamente la definizione che avevo di Dio e mi richiamai istantaneamente a Spinoza, scoprendo come il suo pensiero fosse, in definitiva, simile al mio. Così mi ricordai dell'antologia e cercai per Roma l'Etica di Spinoza invano. Roma non aveva che la libreria Rizzoli e poche altre grandi ma il libro era introvabile. Un giorno vagando per caso presso la stazione Termini scoprii che esisteva una bella libreria a piazza Esedra e, nello scaffale di filosofia, trovai il libro, edizione tradotta da Sossio Giametta, Boringhieri. Lessi avidamente nei mesi seguenti ogni rigo, lo sottolineai con matita rossa e blu, lo consumai. Non capivo tantissime cose, non capivo e ne ero affranto. Così iniziai a studiare per conto mio la filosofia (per quanto potevo) nelle enciclopedie e in altri libri. Non avevo molto a disposizione, ero un semplice liceale del terzo anno. Un giorno però, all'improvviso, ebbi l'intuizione della Sostanza spinoziana: avevo capito che cosa intendeva il Filosofo. Tuttavia ero di gran lunga lontano dal comprenderlo per intero ed ancora oggi ho tantissime lacune e me ne dispiaccio. Tuttavia conservo con affetto quel volume che ho fatto poi rilegare perché consunto. Ne comprai anche un altro, identico, vent'anni dopo, che conservo chiuso. La domanda che mi pongo è questa: Spinoza ha influenzato la mia vita oppure io ho disturbato la mia conoscenza completa di Spinoza?

giovedì 8 maggio 2008

La casetta con il tetto a vassoio

Quando avevo circa 3 anni mia cugina Annarita ed io facemmo una passeggiata in campagna, da mio nonno. Di quell'evento ricordo che aveva appena piovuto e la terra era umida. C'era tanto verde e l'orto riempiva lo sguardo. Poche case lontane, nessun rumore di automobili e altro: un grande silenzio. Il sole splendeva luminoso e lei si abbassò per terra e mi aiutò a costruire una casetta con delle pietre: legammo il tutto con il fango (anche se non rammento di averlo toccato). Lei disse "Ora facciamo il tetto" e da una parte c'era un piccolo vassoio di cartone bianco, di quelli che si usavano per le pastarelle. Non so perché fosse quasi asciutto: ella lo prese e lo mise sopra le pietre completando l'opera ed io rimasi talmente affascinato nel vedere la piccola costruzione che fui felice. Forse il primo ricordo consapevole della felicità.