sabato 9 maggio 2020

Il mare impetuoso e la camera da letto.

Stanotte sogno in due parti, anzi tre. Nella prima parte mi ritrovo al termine di un sogno effettuato a Marzo che non ho raccontato qui (ma di cui esiste la mappa nei miei appunti): camminavo sopra a un fiume come fosse cristallo accompagnato da una ragazza sconosciuta e, giungendo quasi alla foce, andava in salita e si ritrasformava in liquido. Il sogno di stanotte riprende da quel punto: mi ritrovo in acqua e vedo che la foce esce sul mare immenso. Il mare, i cui colori erano fra il verde e l’azzurro mischiati, era come diviso in due parti: una prima parte a destra dove, da lontano, grandi gorghi non facevamo presagire una vita facile per un bagnante e una seconda parte a sinistra, con enormi onde che si infrangevano su grandi montagne le quali ogni tanto si spezzavano e enormi massi cadevano in acqua; probabilmente potevano anche essere una gigantesca cascata i cui colori però erano come quelli doe mare. Un lembo di terra separava quest’ultima da dove ero e, appoggiato a questa riva cercavo di non farmi trasportare fuori in mare aperto. Mi sento chiamare e dietro di me arriva un’automobile per metà sott’acqua, con alla guida mia sorella o almeno una simile figura. Mi chiede di sbrigarmi ad entrare: all’interno c’era anche qualcun altro. Lei guida e ci dirigiamo alla fine del lembo di terra in una specie di portone che conduceva sottoterra, sotto il mare. Tutto quindi si trasforma e ci ritroviamo nella Città Immaginaria sotterranea. L’auto svolta a destra e scendo. Mi sveglio, vado a fare pipì: sono le 8 circa. Mi riaddormento subito e continuo il sogno da quel corridoio che portava a una via. Entro in un bar dove c’erano un paio di avventori. Salgo le scale che portano a un corridoio al piano sopra. Alla mia sinistra una porta conduce in un ristorante attiguo, molto grande dove una scalinata avrebbe portato alla sala di sotto. Non scendo ma anzi proseguo nel corridoio. Apro una porta ed entro in un appartamento attiguo al ristorante sempre al piano di sopra. È buio e mi metto a letto, assiema alla mia cara amica Mer. L’angolo dove era il letto nasconde la porta d’entrata chiusa. Mentre credo di addormentarmi nel sogno, lei dice: “Sta entrando qualcuno!”. Io cerco di gridare in tedesco ma esce una voce roca dicendo in inglese “Who’s there?”. A questo punto accade una cosa che non mi spiego: mi sveglio realmente e cerco di gridare la stessa frase mentre sono nella realtà ma non ci riesco per cui, un istante dopo, mi riaddormento e proseguo lo stesso sogno nel letto, dicendo a Mer: “Non c’è nessuno” ma con la coda dell’occhio mi sembra sia entrato qualcuno perché percepisco una luce che prima non c’era. Lei si tranquillizza e avviene un vero e proprio sogno erotico. Mi sveglio definitivamente verso le 9:30.
Elementi reali del giorno prima: una puntata vista prima di addormentarmi di ”Babylon Berlin” (in italiano); il ristorante mi ricordava la sala di un hotel visto a Marrakech a gennaio scorso. Mai dormito né avuto alcun rapporto sessuale con Mer in vita mia.

sabato 2 maggio 2020

La monorotaia e casa di mamma

Due sogni di cui io primo molto complesso, sognato qualche giorno fa. Pensavo di trovarmi a New York ma era una città densa di palazzi e moderna. Entro in un grande palazzo a vetri che terminava come il Flatiron Building, cioè a punta e i vetri permettevano di vedere quasi a 180 gradi. Sula sinistra un grandissimo parco senza fine, con una stazione del treno in basso, una strada con marciapiede. Penso di prendere il treno che stava parcheggiato ma mi accorgo che si mette in moto e parte. Il treno era su una monorotaia e parte in orizzontale ma qualche metro dopo essere uscito dalla piccola stazione curva su se stesso e prosegue come se fosse una giostra. Scendo dabbasso e decido di farmela a piedi: sapevo di dover andare in un hotel che però distava circa 2 km ed era immerso nel parco più a nord. Camminando incontro mia madre e con lei attraverso la strada tenendola sottobraccio. Ci dirigiamo verso l’altro marciapiede, quello del lato della monorotaia e camminiamo, guardando i pochi negozi. Mi accorgo che dietro arrivano dei ragazzi e temo che ci diano fastidio. Mia mandare scompare e quelli si avvicinano ma fanno solo casino e vanno oltre. Mi sveglio, mi riaddormento dopo un po’ e proseguo il sogno dicendo a me stesso di essere arrivato in hotel. Quest’ultimo era nel verde ma tutto in cemento e un po’ decadente. Entro all’interno e c’è un bar per cui mi accomodo e ordino qualcosa. Dai vetri attiva qualcuno che conosco. Usciamo e andiamo a zonzo e mi riallaccio con la strada più a nord che da lontano mi fa vedere il palazzo dal quale vedevo la stazione. Mi sveglio.
L’altro sogno fatto stamattina. Avevo visto ieri sera un episodio della terza stagione di “Channel zero”, quella col clown assassino. Nel sogno sono nel salone di casa di mia madre. È notte ed è buio, dal muro esce un mostro; tuttavia l’istante prima della sua fuoriuscita qualcuno mi dice di attivare un sistema di difesa e immediatamente mi ritrovo avvolto in una sfera con il bordo spesso e bianco nella quale lui non entra. Temendo possa andare da qualche parte avvolgo il mostro nella sfera che diventa piccola piccola e poi dico “vieni, andiamo” e la sfera si appiccica alla mia schiena e non riesco a toglierla. Così vado nel corridoio che porta alle stanze da letto ma tutta la casa è al buio e avvolta dalla nebbia: anche nelle camere c’è la nebbia. La cosa mi inquieta. Nelle camere ci sono solo letti enormi e con qualcuno che dorme beatamente. Mi sveglio con un dolore al petto, forse dovuto alla posizione che avevo oppure ai problemi di stomaco.

domenica 26 aprile 2020

Le due case

Notte del 23 Aprile 2020: mi trovo in una casa dove mi stanno facendo una iniezione a una gamba: sembra una specie di ospedale. Mi sento meglio per cui decido di uscire. Riconosco che la casa è in realtà la vecchia baracca di mio nonno, situata a fianco della casa patronale e adibita in un primo tempo a porcilaia e poi a officina per la lavorazione del ferro di mio zio. Questa baracca aveva una stanzetta posteriore sempre chiusa con una porta di ferro esterna e ci sarò entrato un paio di volte durante la mia gioventù perché mi incuteva un certo timore: all’interno robaccia e legna accatastata. Ebbene, dall’interno di questa baracca adibita invece a una perfetta e pulitissima casa-ospedale esco a livello del terreno da una porta posteriore (non esistente  e al posto di una finestrella) e mi ritrovo sulla via Aurelia all’altezza dello svincolo di Chiarone, prima di Capalbio. A quell’altezza esiste realmente una grande casa proprio sulla strada, recentemente restaurata di fuori che però non ho mai visto dentro. Attraverso la via Aurelia (in realtà non si può per via dello spartitraffico e per via delle tante automobili che sfrecciano) ed entro in questa abitazione salendo un paio di gradini. L’interno era bellissimo: un enorme salone con tante finestre e, sotto ad ogni finestra un divanetto con statue che simulavano alcuni aspetti dell’attività umana: c’era chi ballava e chi aspettava il tram ad esempio; faccio un giro del salone. Dal lato opposto alla porta una seconda uscita portava in un giardinetto e, prima della porta per uscire, un disimpegno con un bagnetto. Mi accerto che ci sia l’acqua del lavabo  e difatti esce ma sento qualcuno che tira la catena nel wc (la porta di legno scuro era chiusa). Il giardinetto era forse quello del quadro che è in casa dei miei genitori? Non esco fuori, anzi mi giro e mi accorgo che c’erano delle scale quasi accanto alla porta che portavano al piano di sopra. Sotto le scale una cucina. Entro prima in cucina, prendo il caffè che vedo sulla tavola fumante e lo porto di  sopra: alla mia sinistra qualcuno dormiva nudo in un letto (non si vedevano però le nudità) e ,accanto al letto, una porta chiusa da un telo. Si apre il telo e qualcuno mi chiede se volessi entrare: c’era un  letto matrimoniale con un uomo che stava molto male all’interno e mi sembrava dormisse. Io dissi di no e mi sono svegliato. Sicuramente sogno spesso il terreno di mio nonno e ogni tanto, da fuori, anche la baracca. In realtà quest’ultima non c’è più poiché il terreno è stato venduto qualche tempo fa e ci hanno costruito una casetta. 

martedì 21 aprile 2020

La libreria e la vecchiarda

Il primo sogno che ricordo di stanotte è che avevo parcheggiato la macchina in un piazzale e da questo si snodava un allunga strada dritta, non pianeggiante ma ondulata. Ai lati della strada c’erano molti negozi e poca gente che camminava. Sono arrivato a percorrerla a piedi per un breve tratto e poi ho deciso di tornare indietro: stavo camminando il lato destro, guardando il parcheggio in fondo. Mi accorgo che un negozio aveva la scritta “libreria” e decido di entrare: aveva una piccola vetrina e la porta a vetri. Entrando però mi accorgo che, essendo piccolina, non aveva libri all’interno ma tante opere d’arte grafiche, cartoline colorate e minuscoli quadri. Il gestore era seduto a un bancone davanti alla porta. Decido così di uscire e mentre esco dico una parol ebraica che non ho mai conosciuto: הכשק, hakasheq che vuol dire arma, pistola, arsenale (questa traduzione l’ho fatta da sveglio). Il gestore, forse perché impaurito dal significato della parola mi die “Che stai dicendo?” E io gli rispondo “Cosa? Ho detto ‘cosa’”, pensando a una sua assonanza con la parola ebraica. Il negoziante mi lascia andare e cammino fino al parcheggio. Mi sveglio, sono le 5 e mezzo quasi. Mi riaddormento quasi subito, ho mal di schiena da qualche notte. Verso le otto ho iniziato il sognare esattamente dal parcheggio ma non ho preso l’auto (il parcheggio era quasi vuoto) e mi dirigo in una stradina a fianco dove c’era un bar con dei tavolinetti, stile francese. Non c’era nessuno ma di fronte al bar una porta conduceva in una lussuosa abitazione e decido di entrare per vedere l’interno. La casa aveva un piano sotto e delle scale che portavano sopra. Nella stanza al piano terra c’era molta agente che festeggiava qualcuno, scorgo una signora molto anziana, quasi centenaria; su un tavolo tante cose d’oro e preziose e la signora aveva in mano una sigaretta. Sembrava simpatica. Da una finestra si scorgeva il piccolo bar di fronte. La signora mi vede e interrompe con una mano ogni discorso è dice “Vorrei parlarti, vai al piano di sopra e aspettami lì”. Vado al piano di sopra salendo le scale mentre la signora ride e scherza con tutti. Attendo attendo e poi mi sveglio.
Elementi riferibili al mondo reale sono le librerie appena aperte (ieri avevo parlato con i miei amici librai) e un telefilm visto ieri sera in cui a un poliziotto rubano una pistola. 

domenica 19 aprile 2020

La cena

Dopo la morte di mia madre, Antonetta Armiero, avvenuta il 3 Aprile scorso, non ho fatto molti sogni. Non ho dormito bene per via della schiena e ogni volta che sognavo non ricordavo granché. Stanotte ho sognato di avere un appuntamento con una ragazza e che ci vedevamo a cena in un locale. Mi sentivo molto bene ed ero contento dell’appuntamento. Il locale era fatto come una immensa cavea di anfiteatro con enormi gradoni sui quali c’erano i tavoli. Molti di questi erano occupati e a noi due ci avevano dato invece l’unico tavolino sotto l’arena. Il tavolo era però praticamente sotto un enorme televisore piatto che trasmetteva notizie. Era sera: questa ragazza compare spesso nei miei sogni ma non ha un riferimento reale né ricordo di averla mai conosciuta. Ero incuriosito dal televisore. Ad un certo punto le chiedo di quanti pollici fosse (io pensavo 80 pollici) ma lei mi fa notare che c’era scritto 58. Poi mi accorgo che aveva freddo e le porgo un plaid il quale scopro sulla mia sedia e glielo do facendola contenta. Mi sveglio e il plaid era quello che avevo nel mio letto accanto a me. Erano le 8 e venti. Sentivo freddo e lo misi sopra il piumone, continuando a dormire per una mezz’oretta. 
Ieri pomeriggio durante il pranzo da mio fratello ho notato che il suo televisore Samsung probabilmente era migliore del mio Panasonic anche se quello che ho io è più grande, appunto 58 pollici. Secondo la Ghematria ebraica il numero 80 corrisponde a sacerdozio ma soprattutto a Yesod, la Sefirà che raduna tutte le luci e gli influssi energetici provenienti dalle altre Sefirot superiori prima di passarle a Malkut, l’ultima. Inoltre è la Sefirà associata agli organi genitali; corrisponde alla somma di cuore e cervello e anche a bicchiere. Infine è il nome completo della Lettera Mem, acqua. Invece il 58 corrisponde a grazia, simmetria ed è per questo che questo valore è la media matematica della somma dei valori di un modo di “riempire” il  Nome divino, il Tetragramma, In questo caso 232; come pure il cuore di HaShem (D-o) e l’onore di HaShem. Infine splendore, luminosità ma soprattutto bilanciare, temperare e riposarsi, essere tranquillo, sereno. Io credo che questa nuova fase mi venga richiesta dalla Shekinah.

giovedì 19 marzo 2020

Sogno nel sogno

Da alcune notti dormo a casa di mia madre che non sta bene, per fare compagnia a mia sorella. Mi sveglio ogni volta verso le 4 (mi addormento verso le 23). Avevo già sognato mia madre ma solo come ricordo della vita reale poiché ella sta malissimo, qualche sera fa, dormendo a casa mia (avevo incontrato nel sogno una mia zia -  Annafelice - nata nel 1899 e morta molti anni fa: stavo andando dietro casa mia e l’ho incontrata e l’ho abbracciata in lacrime e lei mi ha detto “Perché piangi?” E io le risposi perché mia madre stava molto male; non ricordo cosa rispose a proposito). Questa notte invece, nel sogno, io e mia madre tornavamo a casa a Roma da un paese, che sembrava essere il suo paese natale, Marcianise in provincia di Caserta. Insieme ci siamo ritrovati nella stazione di Aversa: una volta infatti andavamo spesso in treno e si poteva andare o cambiando linea ad Aversa oppure fermandosi a Caserta. In genere lei andava sempre a Caserta e la venivano a prendere le mie cugine; stavolta io e lei - tornando da Marcianise - ci siamo fermati nella stazione di cambio di Aversa. Nel sogno però non era una stazione e la città non appariva affatto quella: sembrava un aeroporto. Dovevamo però prendere il treno e dovevamo scendere da quello dove ci trovavamo ma io non ero riuscito a farla scendere e quindi abbiamo perso la coincidenza. Pregai tanto il capostazione di fermare ma ci intimò di non scendere dal treno in corsa e così non abbiamo potuto ritornare. Mi sono svegliato abbastanza angosciato anche se mia mandare nel sogno stava bene. Mi sono alzato perché avevo freddo, sono andato nella sua camera da letto e l’ho coperta. Io ho preso per me un secondo copriletto. Mi sarò riaddormentato verso le sei e stavolta ho sognato che eravamo io e Rob che dovevamo prendere un aereo in coincidenza: eravamo su un treno o comunque un veicolo il quale ci fermò alla stazione di scambio. Nell’andare a prendere in perfetto orario il veicolo (forse un aereo) mentre andavamo ho raccontato a Rob il sogno fatto di me e ma madre che avevamo perso la coincidenza. Dissi: “Vuoi vedere che anche a noi capiterà come nel sogno fatto?”. E mentre andavamo non riuscimmo ad arrivare in tempo e perdemmo il volo o comunque la partenza. Mi sono svegliato non troppo angosciato stavolta ma stupito: come era possibile ricordare un sogno in un altro sogno?

venerdì 28 febbraio 2020

Il nastro verde

Nel sogno incontro una ragazza con gli occhi molto grandi che somiglia a una mia collega e mi porta in una stanza. Riconosco la stanza perché in un sogno precedente aveva delle scale che portavano in basso in un antro demoniaco. Ella danza sui grandi mattoni che ricoprono il pavimento ma questa volta non ci sono le scale sotterranee. Anzi, mentre danza, vedo tre o quattro di questi mattoni traballare e intuisco che si stanno staccando (forse per far vedere la presenza delle scale sottostanti). La ragazza mi invita ad uscire e io vado per strada credendo di trovarmi a Milano. Non è la città lombarda poiché entro in un’altra casa e vedo una serie di persone che stanno facendo una manifestazione: vanno a gruppi di due uno dietro l’altro a distanza di circa tre metri e ciascuno regge un nastro verde. In tal modo capisco che non hanno avuto successo con la loro manifestazione e per dargli sostegno reggo uno dei tre nastri verdi portati in fila giusto nel mezzo. Tutti sono vestiti da donna o sono trans e io contento vado con loro. Uno di questi però sentendo che tiravo troppo il nastro mi dice che non serve sostenerlo ormai ma che eravamo arrivati in un locale e mi invita ad entrare, presentando i a tutti. Io mi sento onorato: prima prendiamo qualcosa da bere e da mangiare e anche qui tutti mi vedono e mi scambiano per qualcuno che non sanno definire. Alcuni mi dicono che somiglio a qualcuno ma nessuno mi dice e chi. Poi ci dirigiamo verso una grande sala e io mi siedo quasi al centro. Tutti mi guardano e io mi sento onorato ma nessuno mi indica o viene verso di me tranne un trans che inizia a cantare una canzona melodica. Ad un certo punto, mentre canta, se ne va via la musica e capisco che stava cantando in playback. Quando se ne la e fa la musica riprende ma il poverino non si ricorsa le parole, così canto io per lui è alla fine della canzone nessuno applaude ma sono tutti contenti. Faccio per attendere un altro cantante ma un altro trans mi dice che ci spostiamo in un’altra casa ed esce invitandomi a seguirlo. Andiamo per un vicolo ed entriamo in un portone il quale porto ad un appartamento al primo piano accessibile solo salendo degli enormi scalini. Arrivati in come, l’appartamento era in un piazzale dove si trovano delle ambulanze della croce rossa. Entro nell’appartamento (fuori faceva freddo) e nell’angolo a destra alcune persone avevano preparato un the caldo e guardavano la televisione; io cammino per la casa enorme e noto che un lato non ha il muro e dà proprio dove sono le ambulanze. A quel punto, un po’ infreddolito decido di svegliarmi e mi sveglio. Sono le 7:45.