domenica 8 giugno 2014

I capolavori: "Le meraviglie" di Alice Rohrwacher.

Spoiler: attenzione! Se continuate a leggere potreste scoprire la trama del film.

Il film Le meraviglie di Alice Rohrwacher che ho visto al cinema ieri sera è il racconto dell'unico destino che può avere una casa di campagna, ridotta a pezzi e morente nella campagna. Questa è l'unica interpretazione del film poiché la storia apparente è quella di una famiglia dei nostri tempi o degli anni Ottanta costituita da un padre tedesco che parla male italiano e una madre francese che parla tedesco e italiano e delle loro quattro figlie: hanno scelto l'abbandono della civiltà e del mondo moderno a favore del duro lavoro campagnolo. E' la storia della primogenita di queste, Gelsomina, e della sua amena vita tra la cura delle api con il padre e la vita agreste e delle sue prime pulsioni di allontanamento da quella vita dura e sempre uguale, afflitta dalle insofferenze della madre a proposito del padre. Compare ad un certo punto un ragazzo tedesco che non parla mai e che invece sa fischiare. Gelsomina, attratta dal giovane nel suo primo impulso giovanile ma soprattutto fiduciosa che partecipare ad un programma televisivo di provincia (la storia si svolge nelle campagne della Tuscia) potrebbe ribaltare le avverse sorti economiche della sua famiglia, fa scomparire il giovane sull'isoletta del lago dove si svolge la trasmissione, facendo arrabbiare - ma anche preoccupare - il padre. Apparentemente si conclude con la rappacificazione dei due: Gelsomina sembra tornare a casa e trova tutti a dormire in un letto fuori casa: il padre le dice che c'è posto anche per lei. Ma è solo un'apparenza: la camera ruota nel visualizzare la campagna e al posto del letto c'è una rete vuota e tutto è scomparso, la gente, le cose che avevano contraddistinto la vita di quelle persone, come fossero mai esistite. Ecco qui il salto della regista: non sono loro ad essere importanti ma è la casa, che rimane la stessa svuotata delle suppellettili, con le camere vuote e una tenda lacera che svolazza. Era un sogno? Era il sogno della casa. Da sottolineare la grande bravura (una volta tanto) di Monica Bellucci nella parte della presentatrice di una televisione privata che introduce il concorso dal quale viene fuori una piccola scena deliziosa: Gelsomina che duetta con il giovane tedesco il quale, mentre fischia, fa sì che dalla bocca della giovane escano - vive - delle api.


martedì 11 marzo 2014

La pietra dell'Unità

(Post recuperato del 1 Aprile 2013)

Ormai non faccio altro che sognare innumerevoli volte a notte e raramente ricordo tutte le decine di sogni fatti. Il mio Guardiano dei Sogni assolve il suo compito egregiamente. Voglio scrivere brevemente del sogno fatto stamattina fra le 7:30 e le 8:40. Mi trovavo nella Città Immaginaria in giro per grandi centri commerciali e accompagnavo in aeroporto un mio amico, forse Antoine Auden ma forse anche RoBo stesso. Salto sulla descrizione spettacolare dei luoghi perché è veramente impossibile descriverla: immensi corridoi in acciaio e tante persone diverse e rumori non assordanti e negozi con articoli mai visto; in uno di questi ho visto dei nuovi giocattoli Playmobil. In una vetrina mi accorgo che al posto dei giornali ci sono delle pietre con degli anelli che hanno un mini altoparlante: le notizie vengono dettate o narrate. Uno di questi riconosco essere L'Unità ma costa 167 euro. Un po' troppo per me ma vendono anche mini anellini a meno, ciascuno con un argomento. Voglio decidermi a comprarne uno ma sento che sta arrivando l'aereo e mi sveglio.

Pater

Sognato mio padre di mattina presto. Ero al telefono con lui, la sua voce era nervosa. Ricordo che doveva prendere un aereo o forse fare un viaggio ma non faceva in tempo ed io mi sono intristito. Oggi tutto il giorno stato male.

lunedì 20 gennaio 2014

Fulmini e lupo mannaro

Mi accorgo che sono riusciti a scassinare la mia auto e il vetro dalla parte del guidatore è in frantumi. Vado a controllare nel cassettoni che non abbiano preso le chiavi di casa e le ritrovo al loro posto. Mi trovo fuori casa di mio nonno, in campagna. Prendo queste chiavi e vado a casa di mio nonno ma mentre entro noto che molte persone stanno entrando nell'attiguo locale delle fontane. C'era una lunga fila di gente che entrava e usciva. Mi avvicino anch'io e vengo a sapere che mio zio Domenico è morto e si trova adagiato lì, sopra ad una lastra di marmo. Entro e lo trovo riverso a faccia in su, morto. Me ne dispiaccio moltissimo ma non mi sveglio, nonostante il dolore che provo. Una volta uscito mi viene incontro una ragazza; credo di conoscerla ma non ne sono sicuro, mi sembrava del nord Europa. Mi dice di accompagnarla verso il bosco di pini. Ora l'esterno del piazzale della casa di mio nonno cambia e ci sono molti alberi di pino marittimo altissimi, immensi. Comincia a piovere e dico alla ragazza di non metterci sotto gli alberi per via dei fulmini. Inizia a grandinare ed io sono preoccupato poiché prevedo tempesta. Raccolgo un chicco di grandine ghiacciato grande quanto una pallina da golf e lo mostro alla ragazza. Lei comunque non se ne preoccupa nonostante inizi a piovere ancora più violentemente. Mi accompagna dentro il bosco di pini ed io tempo che da un momento all'altro arrivi un fulmine. Guardo in alto verso il buio delle fronde e sono colto da un lampo accecante e capisco che un fulmine ha colpito la sommità degli alberi. Un grosso tronco cade e viene verso di noi e si ferma  a pochi centimetri dalla mia faccia, con il tronco fatto a punta, come un paletto gigantesco, Chiudo gli occhi e mi ritrovo essere una grande testa di lupo. Non so come ma il mio fantasma prende questa testa di lupo e incide con i denti due ferite in due bei ragazzi che si avvicinano. Quelli, spaventati poiché capiscono di poter diventare a loro volta lupi mannari, fanno per avventarsi contro di me ma io gli dico che sono un fantasma e quelli non possono fare nulla. Allora si rivolgono alla ragazza di prima e, strappandomi di mano la mia stessa testa di lupo, con i denti la feriscono sui due seni. Mi sveglio e la giornata è pessima e piove a dirotto. Elementi razionali: dei vetri a pezzi di un finestrino di una auto presumibilmente rotti da un ladro sotto casa di mia madre ieri e il fatto che sto scrivendo un piccolo corto teatrale che ha a che fare con una lupa mannara.

martedì 3 dicembre 2013

La città dei morti

Sogno effettuato tra le 7:30 e le 8:10. Mi trovavo a passeggio lungo la strada di un grande giardino che costeggiava la mia Città Immaginaria. Sapevo che alla fine di quella via sterrata c'era un grande complesso chiuso e fatto di cemento, immenso e grigio e sapevo che era la città dei morti. La sola unica entrata era costituita da due grandi saracinesche abbassate. Ero assieme ad una donna della quale non ricordo però nulla oltre al fatto che era alta e snella, chiara di carnagione e con un vestito leggero nero. Ella volle avvicinarsi ed io le dicevo: "Non andare vicino, sai che posto è quello?" ma si avvicinava sempre più ad una delle saracinesche. Improvvisamente senza alcun rumore una delle due saracinesche si alza e la donna entra. Io la seguii per cercare di riportarla fuori ma quella si addentrava sempre più. Molte persone camminavano ma non uscivano e nessuna faceva caso a noi. La donna scese delle scale e scomparve. Io dissi ad alta voce: "Stanno chiudendo! Dobbiamo uscire!" e mi volto indietro perché inesorabilmente le saracinesche si erano abbassate e poi si sono chiuse del tutto. All'interno una sottile luce verdastra rischiarava gli ambienti fatti di cunicoli e tunnel. Così vagai dentro quella costruzione in cui c'erano delle persone che semplicemente vagavano; non ero impaurito ma avevo voglia di uscire e in più dovevo fare pipì. Camminando per molto tempo arrivai ad una uscita che sembrava un garage. Uscii fuori e mi ritrovai in una strada trafficata. Della donna nessuna traccia, dunque non era più uscita da lì. Sentivo ancora la vescica premere e dunque mi dissi se non fosse il caso di rientrare poiché avevo intravisto un bagno proprio accanto alla porta. Dunque mi avvicinai e trovai un uomo vestito con la tuta (da garagista) e chiesi se potevo andare in bagno. Egli annuì e mi indicò il luogo dov'era il water. Alzai la tavoletta e mi abbassai i pantaloni e quello da dietro mi si avvicinò con un panno umido dicendo: "Prima di fare quello che deve fare è meglio che glielo pulisca poiché questi posti sono abbastanza sporchi!" e si avvicina alle mie parti basse con l'intento di lavarmelo. Io allora lo spingo da un lato e dico ad alta voce: "Non si permetta! Il mio pisello non ha bisogno di essere pulito!" e lo tengo chiuso nelle mie mani. Quello se ne va e tiro un sospiro di sollievo. Mi sveglio all'improvviso e vado subito in bagno.


giovedì 7 novembre 2013

Sogno dell'orologio

Ho ricevuto su uno strano telefonino un lungo sms del mio amico Fabrice che mi invitava a vedere la seconda stagione di American Horror Story e, mentre ne parlavo con Rob (noi abbiamo visto tutta la serie), cercavo di dire comunque di sì rispondendo al messaggio che nel frattempo era diventato ancora più lungo e il telefonino si era trasformato in un attrezzo con un video sottile e lungo. Mi avvicino verso una macchina e poso il cellulare, Rob scompare e al suo posto mi ritrovo accanto il mio ex-capo, un certo Loredano, il quale, avendo notato che estraevo dalla mia tasca un orologio da taschino inizia a dire che potrebbe valere dai 30.000 ai 35.ooo Euro. Io allora dico che me lo ha regalato mio nonno. Lui chiede di esaminarlo e, una volta fatto, mi conferma che potrebbe valere appunto 30 o 35. Io sono molto contento perché so di avere un piccolo capitale ma lui corregge e dice che intende 30 o 35 Euro. Poi corregge ancora una volta  e afferma che vendendolo potrei guadagnare 18 Euro. Io lo seguo, mi rifaccio dare indietro l'orologio e lui si dirige verso la sua auto. Nel suo portabagagli dice di avere tutta la sua collezione di orologi da taschino che vorrebbe vendere al Monte di Pietà di Roma: per questo si trovava lì. Mi dice anche che prima aveva paura di farlo ma ora, attendendo che l'azienda gli paghi i suoi compensi, non ha i soldi per andare avanti.

mercoledì 21 agosto 2013

L'abbraccio

Ricordo solo qualche brano di un sogno lunghissimo fatto stanotte. La parte precisa è avvenuta dopo le 7,30 poiché mi sono riaddormentato. Ero in un luogo imprecisato, forse la Città Immaginaria che sogno spesso, in cunicoli e corridoi. Nulla di negativo, un colore arancione sparso qua e là. Incontro mio padre il quale mi parla per la prima volta d quando è morto (era il 1996) poiché gli chiedo come va e lui risponde che non va benissimo ma non si può lamentare. In un impeto di affetto, stupito nel sogno di questo avvenimento e anche della risposta data, lo abbraccio teneramente e lui se ne stupisce ma accetta l'abbraccio silenzioso.